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Il workshop è stato incentrato sulla presentazione di un documento facente parte di un ampio corpus di “Danze Figurate”, stampato a Milano dalla casa editrice musicale G. Ricordi & C. tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo, il Saltarello per pianoforte op. 563 di Giuseppe Galimberti . Tale scelta vuole essere un omaggio alla sede comunale ospitante il Convegno, il Museo di Roma in Trastevere ex-Museo del Folklore e dei Poeti Romaneschi, nel quale si conservano preziosi documenti letterari, iconografici, musicali sulla vita popolare a Roma nei secoli passati .
La ricostruzione coreografica del Saltarello per pianoforte, come suggerisce lo stesso Galimberti nell’introduzione alla parte musicale del suo fascicolo, fa riferimento alla coreografia La Saltarelle inserita nel ricco compendio di Eugène Giraudet . Le Istruzioni per la danza, previste nel frontespizio del fascicolo di Galimberti, furono presumibilmente elaborate dallo stesso compositore, non essendoci un co-autore per la teoria della danza. Esse riportano generici riferimenti al ballo, ma non alla sua struttura coreografica.
Danza diffusissima nelle campagne romane; i movimenti della danza e della musica hanno un carattere eccezionalmente originale; molti danzano il Saltarello sulla musica 6/8 portandola così al tempo della Tarantella. Invece il suo vero tempo è in 2/4 presto, cadenzando assai il primo quarto. Il ballerino in questa danza dimostra una grande agilità, leggerezza e resistenza.
Il Saltarello si balla da una sola persona avente fra le mani il tamburello (Basque); è la danza dei vignaiuoli, dei pastori, i quali, ad un dato punto della musica, introducono dei canti secondo i loro costumi di campagna .
Secondo Galimberti, Giraudet nel suo trattato riporta la «precisa Théorie sul modo di ballarlo» . La coreografia pubblicata dal maestro francese è datata 1895 e si intitola La Saltarelle, autrice Laure Fonta docente all’Opéra di Parigi . Al momento il mancato reperimento del fascicolo di Fonta non consente alcun confronto riguardo all’accompagnamento musicale tra le due versioni, che avrebbe potuto far luce sulle affermazioni di Galimberti riguardo al tempo musicale. Nella nota introduttiva Galimberti sostiene che «in questa teoria [cioè quella della coreografia francese, n.d.a.] si spiega come il Saltarello sia in tempo 2/4 anziché 6/8». Tuttavia la coreografia di Laure Fonta è in 6/8 e non in 2/4 come la composizione di Galimberti, e nella nota introduttiva alla teoria dei passi non si fa alcun cenno a questa diatriba musicale.
La Saltarelle est une danse populaire dans la campagne de Rome le mouvement et l’air ont un cachet irrécusable d’antiquité. Cette danse est une vraie lutte d’agilité entre chaque danseur; le cavalier y joue de la guitare, et sa dame du tambour de basque; ou plus simplement, selon l’origine, ils la dansaient au son de joueurs de tambours de basque. Les messieurs, tantôt debout, tantôt le genou gauche à terre, développaient leurs qualités de danseurs, les dames y joignaient en les accompagnant: leur souplesse et leur grâce native .
Altra diversità di opinioni tra Galimberti e Fonta riguarda l’esecuzione del ballo. Il compositore ritiene si tratti di una danza solistica, mentre per la maestra francese si balla in coppia , ancorché l’iconografia contenuta nelle pubblicazioni musicali del tempo confermi entrambe le ipotesi. Il fascicolo di Galimberti nella pagina dell’Istruzione contiene un disegno in cui è rappresentato un suonatore di zampogna e una danzatrice in abito tradizionale, che esegue il ballo in forma solistica accompagnandosi col tamburello. Mentre il disegno in bianco e nero per litografia di Chatinière intitolato la Salterrelle, contenuto in una coeva raccolta di canti e brani pianistici, ritrae in primo piano una coppia di danzatori (uomo e donna), e alle loro spalle una donna sola che, sulle note della zampogna, danzano il ballo popolare al ritmo dei tamburelli, suonati anche dagli astanti . In entrambi gli esempi iconografici non compare invece la chitarra, altro strumento indicato nelle descrizioni come accompagnatore del ballo .
In ambito teatrale l’interesse dei coreografi per il Saltarello è evidente fin dal XVIII secolo. Un tributo al patrimonio popolare, coreico e gestuale italiano, realizzato anche attraverso le stilizzazioni: da quelle di Louis Guillaume Pécour per le opere di André Campra, a quella inserita in Catarina, ou la Fille du Bandit di Jules Perrot .
Diversa fruizione e finalità hanno le composizioni di Fonta e Galimberti. La coreografa francese aveva dimostrato particolare interesse per le danze tradizionali non solo italiane, proponendo elaborazioni che mantengono vivo il sapore popolare e offrendo il suo contributo per la strutturazione di un repertorio che, pur basandosi sulla tradizione etnica, si diversificava da essa, e, in parte, anche da stilizzazioni quali la danse de caractère e de salon. Il tentativo di una definizione “colta” della tradizione popolare a cui si riferisce, costituisce un primo corpus di danses nationales . Negli adattamenti dei balli tradizionali per il teatro, la cosiddetta danse de caractère, elementi di derivazione etnica si innestano su una base classica , mentre negli adattamenti dei balli tradizionali per versioni de salon tali elementi sono rielaborati nelle forme coreografiche di volta in volta più in voga , oppure sono stilizzati in un linguaggio edulcorato e talvolta “mescolato”, in cui passi di ispirazione tradizionale sono accostati a passi di Polka, giri di Valzer o tempi di Boston .
La Saltarelle di Laure Fonta si ritiene rientri nel genere delle “Danze Figurate”, per usare la terminologia di Galimberti, senza escludere che sia stata anche destinata ad una riproposizione teatrale, visto l’incarico di Fonta all’Opéra. Essa conta 162 misure coreografiche, alcune delle quali sono talvolta ripetute nel corso del ballo, costituendo dei veri e propri enchaînements. Si tratta di una danza in coppia mista. All’inizio del ballo la donna poggia la mano sinistra sull’anca , e con la destra regge il grembiule, accessorio del costume tradizionale, utilizzato più volte durante il ballo. Ne prende un angolo, lo sovrappone e lo apre, mentre il busto accompagna il movimento con una leggera estensione . Nel corso del ballo i danzatori si trovano affiancati, faccia a faccia o dos-à-dos, si spostano in avanti e in dietro con passi e combinazioni talvolta speculari, tuttavia la teoria si sofferma poco sul disegno coreografico, mentre è più dettagliata circa il lessico adottato. Si tratta di una vera e propria analisi dei diversi movimenti, ma senza l’uso di una terminologia specifica, uno jeté avanti, ad esempio, è così descritto:
On se jette sur le pied gauche en élevant le pied droit en arrière, puis on se jette sur le pied droit en sautant de même .
Jetés in avanti, jetés laterali con glissé a terra e incrocio della gamba libera su quella portante, assemblés con o senza salto, passi naturali indietro marcando con la punta avanti a terra, frappés a terra con la punta o con la pianta del piede, passi laterali sollevando la gamba libera davanti alla tibia di quella portante, battute dei piedi e delle mani, sono movimenti e passi più ricorrenti. Il ballo si conclude con la donna che gira intorno all’uomo con passi indietro marcando la punta a terra, mentre egli batte il piede sinistro.
La coreografia di Laure Fonta, così come la musica di Giuseppe Galimberti, sono state, per l’epoca, un tentativo di analisi etnocoreografico-musicale, che ha mantenuto vivo il sapore della tradizione popolare del Saltarello, sviluppandosi nel repertorio delle “Danze Figurate”.
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